Gat/Duato/Preljocaj

Il rapporto tra forma e arte ha costituito sempre una fonte di dibattito, soprattutto se si vuole analizzare l’influenza che puó avere anche la musica in rapporto a queste due categorie estetiche.

Ebbene, il coreografo Yifat Gat con Hark ! (creazione mondiale) sembra dare una risposta valida a questa disputa. La sua danza é prevalemente plastica esplorando le possibilità figurative del corpo umano. Ogni gesto é logico e nasce dal puro movimento. Ma allo stesso tempo il corpo scompare per lasciare spazio alla pura forma che nasce dall’articolazione delle singole parti del corpo, soprattutto dalle braccia, avambracci e gomiti. Un quadro in cui la razionalità é sovrana, ma dove la musica non perde tuttavia il suo ruolo primario – anzi come afferma lo stesso coreografo – é fonte e rivelatrice di immagini. Il suo linguaggio coreografico é fatto e si ispira anche all’accompagnamento musicale che suggerisce di volta in volta sequenze coreografiche differenti. Un impulso diverso quindi che puó aprire anche dimensioni spaziali incognite e inedite che costituiscono la vera essenza del lavoro coreografico. é inutile cercare ogni scopo narrativo o prosastico nei suoi lavori, ció che conta é la danza intesa veramente come andare al di là dei limiti corporali senza mai eccedere. Equilibrio e misura permangono sempre sulla scena.

Di tutt’altro stile e intenzioni White Darkness di Nacho Duato immerso in una riflessione più profonda sul tema della droga. I protagonisti danzano manifestando loro emozioni, la loro interpretazione é impeccabile dal punto di vista tecnico ma soprattutto si resta affascinati dall’atmosfera e dall’intensità che i protagonisti sono capaci di esprimere.

E in questo Marie Agnès Gillot e Stephane Bullion costituiscono una coppia impeccabile. Forza, intensità, tragicità legata a un forte senso di dipendenza sono gli ingredienti che nutrono questo balletto che talvolta puó risultare anche inquietante. Da un semplice gioco amoroso, il rapporto uomo-donna si trasforma e diviene simbolo di prigione cosi come lo é nel rapporto con la droga.

Le tenebre che accompagnano l’intero coreografia accentuano l’argomento contribuendo a donare ancora più pathos. Ma la luce bianca come fosse un flusso di acqua che coprirà la protagonista nel finale costituisce anche un segno di speranza e liberazione.

Il terzo pezzo della serata é MC 14/22 di Preljocaj. Coreografia interamente creata per danzatori uomini, il balletto propone un argomento che sfiora il sacro e profano. Il titolo fa allusione all’episodio dell’ultima cena tratta dal vangelo secondo Matteo. Ma non é la prima volta che il coreografo albanese é attirato da argomenti che richiamano la santità o la religiosità. Basti ricordare Hallali Romée del 1987 dedicato a Giovanna d’Arco o a Annonciation sul tema della beatitudine di Maria. MC 14/22 richiama alcune scene più celebri dei vangeli : dalla crocifissione, al sepolcro alla Pentecoste. Ma questo lavoro contiene anche alcuni elementi più profani. Si ritrovano tracce del cortometraggio Raboteurs ispirato al quadro presente al Museo d’Orsay di Caillebotte. Le pose dei danzatori sono plastiche, scolpite come staute dell’antica Grecia o di Rodin. Sacro e profano sono ben integrati, in un’armonia che non lascia spazio a diversioni o disomogenità.

In sintesi MC 14/22 puó rappresentare per questo programma primaverile dell’Opéra di Parigi una perfetta sintesi tra i lavori dei due balletti che si sono succeduti sul palcoscenico parigino.

Parigi, Opéra Garnier, 6 Maggio 2009

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