Stuttgart Ballet – La Mégère apprivoisée (La bisbetica domata)

Elle n’a rien mangé et ne mangera rien
D’aujourd’hui ; l’autre nuit elle n’a point dormi
Et ne dormira point cette nuit davantage ;
Comme au souper, je trouverai quelque prétexte ;
Le lit sera mal fait ; et je ferai voler
L’oreiller d’un côté, le traversin de l’autre,
Et puis le couvre-lit par ci, les draps par là
Mais soutenant toujours, dans ce remue ménage,
Que j’agis par respect pour elle et pour son bien…
C’est ainsi que l’on tue une femme en douceur
Et que je peux plier son fol entêtement.

da: WILLIAM SHAKESPEARE, LA MEGERE APPRIVOISEE TRADUCTION MAURICE CASTELAIN – EDITIONS  » SOCIETE LES BELLES LETTRES  » PARIS, 1934.

Il legame di Shakespeare con la danza non è nuovo. Infatti basti ricordare alcuni nomi di balletti che fanno oramai parte del repertorio: da Giulietta e Romeo al Sogno di una notte di mezza estate, al Machbeth o per venire a noi alla Bisbetica domata. E’ evidente che le opere di Sjhakespeare hanno attirato molti coreografi perché da sempre hanno offerto un’ampio materiale per quanto riguarda le tipologie dei personaggi, la complessità e la varietà dei loro caratteri, gli intrighi che si succedono via via sul palcoscenico. Insomma sinteticamente per la grande teatralità riescono ad offrire. Dal comico al drammatico, attraverso compportamenti psicologici i più variegati possibili, toccando primo fra tutti il tema dei rapporti amorosi in tutte le loro sfumature ma non da meno quello della morte e della follia, tutti questi soggetti hanno dunque toccato l’immaginario dei più importanti coreografi ma anche di compositori come Prokofiev nel caso di Giulietta e Romeo o di Mendelsshon per il Sogno di una Notte di mezza estate e del contemporaneo Schniktte nel caso appunto della Bisbetica domata. John Cranko, già direttore del Balletto di Stoccarda aveva pensato ad un adattamento della commedia di Shakespeare per le sue stelle Marcia Haydée et Richard Cragun. Ne risultò un balletto che pur non tralasciando gli aspetti più giocosi e dilettevoli, offriva una struttura coreografica complessa, originale e dotata di un grande equilibrio tra le parti più propriamente danzate e quelle più vicine alla pantomima. I due ruoli principali esigono senz’altro un elevato livello tecnico ma nello stesso tempo una forte presenza scenica e grandissime doti teatrali, soprattutto nel dimostrare grande destrezza nel sottolinearne gli accenti più comici. Non è certo facile essere perfetti danzatori e brillanti attori, sempre pronti ad apparire liberi e spontanei nella manifestazione dei propri sentimenti e nello stesso tempo rispettare le figure e le acrobazie dettate dalla coreografo. E questo binomio è senz’altro quello che impressiona di più in questa messa in scena di Cranko che, se pur ha seguendo la trama originale dello scrittore inglese, ha privilegiato tuttavia alcune scene, eliminato alcuni personaggi, in modo da ottenere un balletto di due atti suddiviso in undici scene a partire dai cinque atti della commedia originale. La compagnia che oggi ha varcato ospite il aplcoscenico dell’Opéra Garnier non ha affatto deluso rispettando in pieno il disegno originale del maestro Cranko: un grande impatto scenico grazie anche alle tonalità e ai costumi molto belli pensati da Elisabeth Dalton, grande vivacità di tutta la compagnia che non peccato sul lato tecnico così come anche incomiabile l’interpretazione teatrale e scenica dei protagonisti principali, Katia Wunsche (Caterina), Elisa Carrillo Cabrera (Bianca), Evan Mckie (Lucentio), Rolando D’Alesio (Gremio). Veramente uno spettacolo di estrema originalità di cui va dato merito senz’altro a Johnn Cranko per essere riuscito a tradurre e vestire con una coreografia di alto valore una commedia teatrale, dai toni comico-grotteschi senza perderne tuttavia il suo alto valore storico e letterario.

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