Coppelia

E’ la favola che più di altre incarna l’attrazione dell’uomo verso qualcosa di fantastico, che rappresenta l’oggetto del suo desiderio nel suo immaginario. In particolare a partire dalla fine del XVIII con l’affermazione delle scoperte scientifiche e il perfezionamento dei meccanicismi automatici, si diffonde la moda di di attribuire un valore « umano » a marionette, a oggetti inanimati; nell’epoca romantica a questi viene attribuito un valore metafisico. Il volersi vedere nell' »altro », in un’altra immagine diviene une desiderio, un’anelito costante divengono tutti temi presenti anche nella letteratura della seconda metà dell’ottocento. Basti pensare al Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde o a Edgar Allan Poe, a Chamisso così come Hoffmann.

E proprio Hoffmann è l’autore della novella L’Homme au sable pubblicata (1816-1817) da cui è tratto il soggetto del balletto grazie al librettista Charles Nuitter e il coreografo Arthur Saint-Leon che nel 1868 montarono il balletto sulle musiche di Leo Delibes. Rispetto all’originale dello scrittore tedesco, la struttura narrativa del balletto conserva solo l’amore di Nathanael ( Frantz) per il robot Olimpia (Coppelia) e centra l’azione attorno ai personaggi di Coppelius e Clara (qui Swanilda). In un certo senso si cercò di dare un’impronta un pò più leggera, quasi di commedia amabile, che poteva incontrare meglio il gusto dell’epoca. Nel 1870, anno della prima rappresentazione, Coppelia ebbe un grande successo, venne accolta come una opera emblematica di spiccato gusto francese. D’allora numerose versioni si sono succcedute via via sul palcoscenico dell’Opéra, trasmettendo il ruolo di Swanilda dalla prima Giuseppina Bozzacchi, a Rosita Mauri a Carlotta Zambelli. Nel 1973 Pierre Lacotte ha cercato di riproporre una versione più fedele all’originale grazie a una sua ricostruzione storica che riportò alla luce un terzo atto mai più rappresentato dopo la morte di Arthur Saint-Léon. E veniamo alla versione di Patrice Bart vista nei mesi di dicembre e inizio gennaio all’Opéra di Parigi. Come ha affermato lo stesso coreografo francese, nel momento in cui gli è stato commissionato il balletto di Coppelia, si è cercato di creare una versione più vicina al testo di Hoffmann, riportando in scena anche quelle tonalità un pò più oscure che la rielaborazione di Nuitter e Saint-Léon avevano oscurato. Ciò che contraddistingue di più questa versione è una visione più psicologica dei personaggi. Bart ha voluto sviluppare soprattutto la figura del trio amoroso con le caratteristiche tearali che il testo poteva offrire: l’attrazione della giovane fanciulla per un uomo più maturo, la gelosia del suo fidanzato studente, l’esperienza manipolatrice dell’uomo maturo. Per contro è stato messo in secondo piano l’interesse di Franza per la bambola di Coppelia, che appare una vera donna così come viene vista dallla finestra: il giovane è un rivale di Coppelius che vede in Swanilda ila rincarnazione di un sogno scomparso. Anche nella scelta dei brani musicali, si è fatta molta attenzione soprattutto per quelli che ben si adattavano alle idee di pas de deux che aveva in mente il coreografo. E gli intepreti non hanno tradito questo lavoro: Karl Paquette (Franz) e Mélanie Hurel (Swanilda) sono sembrati ben affiatati e hanno saputo ricreare soprattutto nel primo atto, un’atmosfera gioiosa ma anche a tratti intensa.Belle linee, buona la tecnica di entrambi. Il secondo atto ha avuto senz’altro un tono minore, ma la scenografia ha saputo veramente riprodurre quelle tonalità oscure che il coreografo ricercava.

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