La musicalità e simbologia di Petite Mort, cor. Jií Kylián

La musicalità e la simbologia di Petite Mort

Il brano di Jií Kylián Petite Mort ha diversi aspetti ugualmente interessanti su cui soffermarsi e riflettere.

Ma vedere e cercare di cogliere la profondità della leggerezza che contraddistingue questo balletto dall’inizio alla fine significa anche entrare a contatto con la personalità artistica di Jií Kylián , coreografo che più di altri crea con le sue danze veri e propri modelli di precisione che si basano su un ascolto attento della partitura musicale. Un incontro questo con un artista che sa sposare perfettamente chiarezza e ambiguità, austerità e dovizia di abbellimenti. Il suo stile lo si potrebbe far rientrare nei canoni del neoclassico, anche se questa categorizzazione è senz’altro riduttiva. Come si può tentare una qualche sorta di delimitazione per un artista che utilizza un linguaggio coreografico straordinario, prolifico, grazie al quale le sue opere sono veri e propri momenti di giubilo per i sensi? Un disegno formale elegante ed un’armonia perfetta sono le caratteristiche principali del suo stile che si avvale inoltre di una scrittura coreografica elegante e vellutata, profonda, ricca di significati e che si presta anche a diversi livelli interpretativi. Senz’altro in tutto ciò la musica riveste un ruolo primario, è fondamentale essendo la sua principale fonte d’ispirazione.

Ed entriamo nel vivo di Petite Mort, proprio partendo dal sottolinearela musicalità dei gesti: infatti sui due brani di Mozart che fanno da sottofondo musicale non si poteva pensare ad una coreografia che meglio si adattasse al disegno melodico della partitura. Ogni nota sia dell’Adagio che dell’Andante è in un certo modo resa « visibile » da ciascun movimento dei ballerini. E’ come se magicamente il suono, « sine materia per eccellenza » prendesse corpo e assumesse una forma, quella determinata forma che appunto coincide con lo svolgersi e con la maniera in cui lo spettatore vede e percepisce ciascun movimento. Essi sembrano così degli astri che brillano in un firmamento interamente costruito per loro. E non è forse un caso che a note di durata maggiore corrispondano coreograficamente per esempio le arabesques, figure della danza classica che per le linee della loro figura e per come vengono eseguite si prestano di più ad una tenuta del corpo in una posizione statica di equilibrio e durata.

Per quanto riguarda il secondo aspetto invece, già il titolo è significativo in proposito. Infatti in francese l’espressione Petite Mort abbiamo visto essere sinonimo di orgasmo, e quindi già questo è un ottimo riferimento per farci entrare nel tema della coreografia. Tutto comunque è giocato su un piano sensuale estremamente delicato e sottile, misurato; non c’è mai un gesto o un passo che richiami o sia sinonimo di volgarità. Questo anche grazie all’armonia delle linee della coreografia di Jií Kylián , che riesce a donare un grande senso di equilibrio all’insieme e alla grande fluidità sempre presente nelle movenze dei corpi dei ballerini.

La valenza simbolica di questo brano, appare anche subito in maniera evidente sin dall’entrata in scena dei sei ballerini, in semplici corsetti beige, che avanzano sul palcoscenico camminando di spalle all’indietro e tenendo in alto con l’indice della mano destra una spada, quasi come fossero dei giocolieri. Quest’oggetto parla da sé, nella storia ha avuto sempre un forte valore simbolico: rappresentazione di forza, potere e autorità ma anche nella psicanalisi freudiana uno dei simboli fallici più noti.

E torniamo al balletto che si apre con le musiche dell’Adagio n.23, K.488.

Dicevamo dell’entrata in scena dei ballerini: la musica non c’è ancora, essi avanzano sempre di spalle e poi di fronte al pubblico; quindi sfoderano la loro spada immaginando di avere davanti a sé uno sfidante; la posano poi per terra, giocano con essa facendola girare con i piedi e la riprendono in mano portandola con le due mani di fronte a sé. Dopo aver messo in atto ancora una pseudo sfida, e aver cercato quasi di superarla come per superare un ostacolo, la riposano per terra, eseguono una serie di salti e tours liberi nell’aria, prima di porsi al suolo a fianco delle loro spade in posizione prona sollevandosi da terra solo con la forza delle loro braccia. Con l’attacco del pianoforte si rialzano e ancora una volta con in mano la spada, le fanno compiere alcuni giri intorno alla testa e al corpo prima di riposarla per terra e correre verso il fondo del palcoscenico (batt. 1-12). E con l’incipit dell’orchestra in corrispondenza proprio con l’incedere degli archi, essi rientrano prepotentemente in scena correndo e sollevando un drappo nero che posano per terra: un espediente scenografico che sposa e rappresenta perfettamente la maestosità della colonna sonora . Risollevando da terra la grossa tela scura appaiono sei ballerine, quasi fossero già in attesa dei rispettivi partner: sono sedute a terra con le gambe divaricate e le mani congiunte sulla sommità della testa come se stessero per ricevere qualcosa (batt. 13-14). Esse si sostituiscono a questo punto alle spade e con i loro rispettivi partner, dopo averli inizialmente quasi scalciati con le gambe, iniziano a danzare una sequenza coreografica in cui si susseguono serie di prese, giri e sollevamenti. La fine della parte orchestrale coincide anche con l’uscita di scena delle figure femminili (batt. 19). Ritorna quindi musicalmente da solo il pianoforte e le figure maschili rimangono nuovamente da sole affiancate dalle loro spade. Si ripete ora sul palcoscenico una scena simile nella gestualità a quella con cui si è aperto il balletto: stesso tipo di movimenti dei ballerini e di evoluzioni con la spada fino a che dal buio delle luci pian piano riappaiono le danzatrici, quasi delle ombre al cospetto dei loro partner (batt. 24-29).

Sul suono dei fiati fino alla ripresa dell’assolo del pianoforte inizia una fase in cui dapprima sono in scena solo due coppie (batt.35-38); poi tutte insieme danno vita a singoli pas de deux che per le due coppie che aprono la scena sono differenti: per esempio per una il rapporto d’unione è quasi giocoso, nell’altro caso prevale invece un senso di completo abbandono da parte della partner. E’ questa comunque una fase del balletto in cui ogni giro, ogni presa, sono musicalmente perfetti, pensati su ogni singolo passaggio musicale e sulla melodia di ogni singola variazione dello strumento solista dell’orchestra in quel particolare momento. Da notare in particolar modo in questo senso ciò che accade in corrispondenza della batt. 43 ove una sequenza discendente di note suonate dal pianoforte corrisponde ad uno sbilanciamento laterale verso terra delle ballerine, così come anche alla battuta successiva la coreografia si muove in modo quasi opposto dato che le protagoniste si rialzano in corrisponsdenza invece ancora una volta di una discesa di note. Ma ancora più suggestiva è una contrazione a livello addominale, un segno di sofferenza, che viene eseguita dalle danzatrici obliquamente, stando stese per terra sulle note dei violini (batt. 45).

Sul trillo della batt. 50, tutti i ballerini indietreggiano verso il fondo lasciando la scena.

Sulla ripresa del tema del pianoforte (batt. 53) protagonista in scena rimane solo una coppia, mentre le altre sono tutte girate di schiena.

Questa volta in realtà non vediamo solamente un pas de deux, perché per la prima volta in tutto il balletto i protagonisti della scena sono tre: i due ballerini e la spada, che ritorna nuovamente ad essere protagonista in una maniera differente rispetto a prima dato che diventa una sorta di medium tra i due protagonisti; non è più solo il ballerino che la sfodera, la solleva e le fa compiere dei giri come precedentemente accadeva, ma ora invece diviene elemento che partecipa al formarsi e al susseguirsi di ciascun movimento tra i due partner.

Per esempio c’è un punto in cui la ballerina la riceve tra le sue mani e dopo averla accarezzata la riposa per terra con la stessa delicatezza e cura che sarebbero forse più consoni per un oggetto sacro (batt. 54-64). Da questo punto in poi, fino alla conclusione di questa parte in cui protagonista è ancora il tema del pianoforte, le spade non sono più presenti e le sei coppie, ballerine sdraiate per terra e partner frontali, rievocano figurativamente degli atti d’amore date proprio le posizioni assunte dei ballerini.

Col ritorno dei violini protagonisti, viene ritrascinato in scena, quasi come l’incedere di un’onda marina, il drappo scuro che come precedentemente, va nuovamente a ricoprire tutto il palcoscenico (batt. 70). Nel buio della scena dapprima solo una ballerina, seguita poi dal suo partner e poi ancora un’altra coppia ancora rientrano sul palcoscenico di corsa (batt. 72-74).

Ci si avvia verso il finale di questa prima parte del balletto sull’Adagio del concerto n.23: il pianoforte accompagnato questa volta dall’orchestra fa da sottofondo a due pas de deux delle sole due coppie ora rimaste in scena che si muovono in modo assolutamente armonioso e fluido (batt. 76-99).

Ogni presa, slancio, e movimento è molto delicato, musicalmente e ritmicamente perfetto su ogni nota; i corpi si sfiorano, non si prendono mai completamente, ogni senzazione di peso è abbattuta. Inoltre per il tipo di passi che compongono le sequenze di questa fase, tutto è aereo quasi sospeso nell’aria, fatta eccezione la scena finale in cui ancora una volta il richiamo ad un atto d’amore è evidente nella posa dei due ballerini: la protagonista giace al suolo con le ginocchia piegate, quelle stesse ginocchia che sorreggono il torace dell’uomo che, dopo un port de bras simile ad un battito d’ali e con gli occhi tenuti bendati dalle mani della partner, si abbandona completamente portando la testa all’indietro (batt.98-99).

La seconda parte di Petite Mort è danzata sulle note dell’andante del concerto n. 21, K.467, lo stesso del brano della coreografia di Béjart. Qui però l’atmosfera è completamente differente. Ad un assoluto impatto scenografico neutrale vista la semplicità dei costumi e delle luci (gli stessi corsetti della prima parte e una semplice luce bianca) si contrappone una massima intensità e tensione nei movimenti, che sfocia ancora, via via che il balletto prosegue, in una massima fluidità di tutti i movimenti coreografici eseguiti precisamente sulle singole note dello spartito. Effettivamente ancora più che nella prima parte appena esaminata, in questa seconda fase ogni gesto, ogni posa, sia quelle tipiche della danza classica come le arabesques o le attitudes, sia quelle più libere e meno codificate, create anche ad hoc per assecondare una certa frase musicale, appaiono sposarsi perfettamente con il tono della musica, con le sensazioni che riceviamo dal suo ascolto. Soprattutto nei momenti dei trilli la gestualità creata da Kylián è sorprendente, sembra proprio che il suono si materializzi nella forma dei singoli movimenti. Un’amalgama perfetta creata dal coreografo che come ha affermato anche l’étoile dell’Opéra di Parigi Aurélie Dupont, « è frutto proprio di un lavoro capillare sui corpi dei ballerini e sulla musica di Mozart. Da qui ne discende senza dubbio la sua profondità dato che veramente è sulla specifica nota che nasce ogni passo, è sullo sviluppo dello spartito nella sua evoluzione da un punto di vista prettamente musicale che nascono tutte le sequenze e i movimenti che i ballerini eseguono ».

Inoltre a conferma di ciò, le tre coppie che ballano questa seconda parte si alternano in scena proprio in tre diversi momenti che scandiscono altrettante fasi importanti dello spartito. Ancora più che nell’Adagio della prima parte, il riferimento al significato del titolo Petite Mort è qui più evidente.

Primo perché protagoniste della scena sono singole coppie, ciascuna delle quali in modi differenti e a seconda delle combinazioni, simbolizza attraverso la coreografia un diverso tipo di rapporto e di relazione affettiva. Secondo perché la gestualità cui Kylián si affida è un tipo di simbolismo ancora più evidente e forse più facilmente comprensibile; ecco perché il senso di questo balletto può essere percepito immediatamente grazie alla semplicità e alla trasparenza dei movimenti che lo compongono, che d’altro canto, sono dotati però di una forte carica significativa.

Ed entriamo nel vivo del balletto.

La parte che fa in un certo senso da preludio, suonata dall’orchestra, vede in scena cinque ballerine che giocano nascondendosi dietro a degli abiti di dama settecenteschi scuri; sono quasi fossero dei loro secondi corpi, che abbracciano, allontano, maneggiano quasi a soddisfare i loro capricci.

Con l’inizio del tema del pianoforte si entra nel vivo, entra in scena la prima coppia, sono uno di fronte all’altro, la ballerina di spalle al pubblico. L’inizio è forte in quanto il partner cinge con la mano il collo della sua compagna, la accompagna verso il suolo facendo in modo che rimanga sospesa appoggiandosi sulla sua gamba, e come per assecondare la pulsione del suo cuore le tocca l’addome con il palmo della sua mano.

Molto belli per la delicatezza e per il punto del corpo dove vengono eseguiti, appaiono proprio questi primi gesti della mano del partner su due differenti punti dell’addome della fanciulla quasi per rivolgersi a lei come per un risveglio. Le stesse note su cui questi vengono eseguiti possono essere immaginate e interpretate come battiti del cuore. Seguono una serie di combinazioni composte per lo più da momenti di sospensione ed equilibri tenuti sulle note di maggiore durata che richiedono da un punto di vista tecnico una grande forza da parte del partner e un’estrema consapevolezza della posizione da parte della ballerina. Il momento clou di questa prima cellula è un trillo. Questa figura musicale rappresenta infatti quella in cui Kylián riesce maggiormente a ricreare il profondo legame tra musica e gesto. In questo primo caso la ballerina giace distesa prona appoggiata su una gamba del partner e proprio sulle note del trillo alza una volta le sue braccia portandole all’indietro accompagnandole con un cambré (schiena all’indietro) mentre il suo partner la tiene forzatamente a sé tenendole le caviglie. Da questo momento in poi sembra quasi che alla tensione sottile e sensuale dell’inizio si sostituisca via via una maggiore complicità e intesa tra i protagonisti.

Nel secondo trillo per esempio c’è una posa simbolica con un movimento di mani del partner tra le gambe della fanciulla; tutti i movimenti sono più ampi meno costretti, è tutto più ballato anche se in un paio di momenti c’è il ritorno ad un sentimento quasi di opposizione che presuppone un desiderio di liberazione.

Vedi per esempio quando la ballerina con una serie di passi eseguiti in laterale sul palcoscenico esegue una serie di salti in cui sembra scalciare come se si volesse liberare dalla presa sulla vita del partner (batt.43) oppure ancora nel momento in cui sempre la ballerina esegue una ruota appoggiandosi sulle spalle del ballerino (batt.49) come per scavalcarlo.

La sintonia tra i due cresce, è un rapporto che via via evolve e ci sono attimi in cui la donna sembra proprio far vivere sulla scena le emozioni che vive nel suo corpo. E con movimenti assolutamente calmi e fluidi, dopo aver rivissuto la posa iniziale, quella in cui il partner toccava l’addome della fanciulla, i due via via si separano e lasciano la scena alla seconda coppia (batt.58). Questa si presenta con la ballerina sostenuta in alto dal partner.

In tutta questa parte si può notare ancora di più una maggiore sintonia tra i movimenti eseguiti dai due ballerini; c’è sicuramente meno tensione nelle pose, i due si muovono molto di più all’unisono. Anche per quanto riguarda il tipo di relazione e l’intensità che si instaura nel rapporto tra i due, a differenza di quello della coppia precedente in cui solo verso la fine si percepiva un certo senso di unione, in questo caso invece le cose sono differenti dato che c’è estrema partecipazione e complicità in ogni gesto.

Vedi per esempio su un altro trillo (batt.60), oppure quando entrambi sembrano quasi giocare a nascondino o sporgersi dietro i vetri di una finestra come per cercare qualcosa al di là di un muro immaginario verso il quale sono voltati(batt.65); oppure nella serie degli slanci aerei sostenuti dal partner che sembrano nascere ed essere assecondati dai movimenti della ballerina, dialogando reciprocamente coi violini e con il pianoforte, fino alla ripresa del tema centrale, (batt.73) in cui accompagnati dallo scandire delle note e del ritmo del pianoforte i due partner attraverso una serie di prese si cercano, si distaccano, per poi riavvicinarsi ancora, spinti da un evidente sentimento di ricerca dell’uno verso l’altro.

Ogni loro gesto, soprattutto quelli delle loro braccia sembrano delle pennellate fluide tracciate nell’aria così come il momento della loro separazione ed uscita di scena avviene quasi di sorpresa, dopo una serie di momenti in cui il partner cerca di trattenere a sé la compagna.

Si va verso il finale del pezzo con l’entrata in scena della terza coppia che vede la ballerina presentarsi in scena indietreggiando all’indietro e arrestandosi per tenere un equilibrio con la sua gamba alzata alla seconda. Il finale di questa coppia è forse quello dei tre pas de deux vissuto più intensamente e in maniera più intima; sono pochi i momenti a differenza del pezzo centrale in cui i corpi si muovono separati e danzano autonomamente.

Qui è tutto più concentrato sulle figure degli amanti oramai riuniti, è un continuo sostenersi a vicenda, solo in alcuni momenti ritorna il desiderio di fuga. E sulle note dell’ultimo trillo, che vede la ballerina compiere una ruota all’indietro tenendosi con un braccio a quello del proprio partner e con l’altro intorno alla vita del compagno, c’è il sigillo finale della loro unione e i due amanti, con il ballerino che sostiene sul dorso la fanciulla dopo essersi per l’ultima volta sfiorati e accarezzatasi la schiena, escono poi di scena mano nella mano.

(*)ove si legge (batt.) ci si riferisce al numero di battuta indicato sulla partitura musicale Barenreiter- Verlag Kassel

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