La Petite Danseuse de Degas, cor. di Patrice Bart rivive all »Opéra di Parigi

A metà strada tra idealità e realtà, la Petite di Danseuse, è un’opera estremamente originale. Lo spunto di questa coreografia creata da Patrice Bart, maitre de ballet associé à la Direction de la danse de l’Opéra de Paris, è senza dubbio la statuetta in bronzo di Degas La Petite Danseuse de quatorze ans, conservata al Museo d’Orsay di Parigi. Dalla storia di questo personaggio si sviluppa un balletto che rappresenta anche la storia di una fanciulla che si scontra con da una parte con il sogno di diventare étoile e consacrare la sua vita all’arte e dall’altra, con la realtà di una madre dura e ipocrita che la spinge verso il mondo della prostituzione. La petite danseuse raffigura una delle tre sorelle Van Goethem, Marie, nata a Parigi il 1865 ed entrata a far parte del Corpo di Ballo dell’Opéra a 15 anni. Anche Charlotte e Antoinette, sue sorelle, frequentarono l’Ecole de danse; anzi Charlotte fu tra le tre colei che ebbe più fortuna e ebbe una carriera più brillante dato che divenne insegnante di danza all’Opéra nonché anche una delle maestre di Yvette Chauviré. Il balletto suddiviso in due atti, procede per scene quasi fossero singoli quadri dipinti dallo stesso Degas. L’apertura non poteva essere che la classe di danza con le immancabili sbarre: molti belli i costumi delle ballerine-allieve in tutù vaporosi che eseguono senza tregua i loro esercizi guidate dal maitre de ballet. Segue, romantica e affascinante, la variazione dell’étoile, interpretata da Elisabeth Ciaravola e in questo primo atto l’étoile de l’Opéra di Parigi Letitia Pujol, qui la petite danseuse, riesce a far trasparire attraverso i suoi sguardi dolci e le sue movenze le aspirazioni del suo animo di danzatrice. Si cambia totalmente registro nella scena del locale di cabaret de Le Chat Noir, ove la severa madre, l »étoile Elisabeth Maurin, conduce la giovane figlia. Qui, grandi danze di ensemble, molto vivaci, il tutto però coerente con lo stile ben equilibrato di tutta la coreografia. Atmosfera suggestiva invece quella del Ballo all’Opéra, che vede coinvolte diciotto coppie che volteggiano in un romantico valzer. Da scene che possono in un certo senso avere un maggiore senso di leggerezza si passa nel secondo atto a due momenti più intensi e lirici: il primo quello della scena della prigione, ove la petite danseuse viene condotta accusata di furto e vede quindi qui infrangersi i suoi sogni di ballerina dato che viene a seguita di questo accusa espulsa dall’Opéra di Parigi; il secondo rappresentato dal quadro delle blanchisseuses (lavandaie), una delle occupazioni più diffuse della Parigi di fine secolo scorso delle giovani fanciulle. Come ha affermato lo stesso coreografo Patrice Bart, una rimembranza del ballet blanc romantico, in particolare la scena delle Willi di Giselle, è stata la fonte d’ispirazione per quest’ultimo che rappresenta uno dei quadri finali di grande effetto. Non da meno, perché ben si adattano alle diverse atmosfere ritratte in questo balletto è il ruolo delle musiche composte appositamente per questo balletto dal maestro Levaillant : da Saint-Sens a Ravel, si rintracciano e sono inconfondibili alcuni passaggi topici dei maggiori compositori francesi. Inoltre ritornando al lavoro del coreografo, il suo merito è stato quello di riuscire a riunire in questo balletto un perfetto stile classico che in alcuni momenti ricorda le linee di Rudolf Nureyev con gestualità più tipiche contemporanee. Un perfetto mix, che non può che colpire, grazie anche soprattutto alla grande energia dei ballerini in scena che sanno a seconda dei vari momenti infondere alla storia le sue giuste colorazioni fino al momento conclusivo in cui la petite danseuse dopo aver danzato sul palcoscenico la sua storia ritorna scultura, riprende il suo posto nella vetrinetta del museo punto iniziale del balletto ma questa volta rinasce, rivivendo per sempre nell’immortalità dell’arte.

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