Casse Noisette

Un elogio va fatto senz »altro alla Danza dell »Opéra di Parigi che in quest »ultimo mese a causa di uno sciopero del personale tecnico ha dovuto lottare contro recite saltate, rappresentazioni con scenografie inadeguate e messe in scena all »ultimo momento. La professionalità dei danzatori ha reso possibile comunque la realizzazione di alcuni spettacoli e il pubblico nonostante le difficoltà ha potuto senz »altro apprezzare la qualità della danza, nonostante le carenze che alcune volte si sono presentate. Come la maggior parte delle versioni dei balletti classici ripensate da Nureyev, c’è in anche questa un forte rimando alla dimensione onirica (per questa chiaramente ancora di più dato che il tema è oggetto stesso del libretto originario) legata a quella psicoanalitica, primo esempio fra tutti il suo Lago dei Cigni.

La storia dello Schiaccianoci è tratta dalla favola Der Nussknacker und der MauseKonig (Lo Schiaccianoci e la favola dei topi)scritta nel 1816 da Theodor Amadeus Hoffmann e pubblicato nel 1819 nella raccolta I fratelli di San Serapione. Ma per il balletto ci si ispirò non a questa versione originale ma a quella un pò più semplice e piacevole di Alexandre Dumas, che poteva offrire tonalità meno oscure rispetto a quelle che lo scrittore romantico Hoffmann aveva destinato alla sua novella. Lo Schiaccianoci rappresenta un salto nella nostra anima, nella nostra dimensione più infantile, un racconto che per questa sua caratteristica riporta alla luce anche i fantasmi della nostra infanzia. Da semplice favola così come appare ad una prima lettura più superficiale, numerosi sono i temi e le interpretazioni cui si presta; proprio per questo, a partire dalla coreografia originale di Marius Petipa (anche se l’impronta di Lev Ivanov, l’altro maestro coreografo del Marinskij dell’epoca emerge in modo preponderante), diversi coreografi, tra i più famosi, hanno messo in scena il loro Schiaccianoci. E’ qui il caso di ricordare tra questi, Maurice Béjart, Roland Petit, Jean Christophe Maillot, Malandain.

La struttura della storia in sé è semplice ma ben si presta a rintracciarne numerosi riferimenti simbolici, aspetto questo che Nureyev sfrutterà in pieno. Clara, la bimba protagonista, riceve tra i suoi doni uno schiaccianoci a forma di soldato, un oggetto dalla forma anche un pò grottesca verso il quale inizia a sentire una sorta di trasporto. Al calare della notte, sogna che il suo schiaccianoci è minacciato da una schiera di topi e perciò corre in suo aiuto; improvvisamente questi diventa un Principe, e i due si ritrovano così a vivere il loro sogno d’amore. Così da bambina che era nel primo atto, Clara subisce e conosce il trasporto della passione amorosa.

Al giungere dell’alba tutto svanisce e la protagonista si ritrova sola, con in mano il suo schiaccianoci. Grazie anche a questa struttura narrativa, non fu difficile per Nureyev, tanto incline nei suoi riallestimenti a superare le dimensioni tipicamente più infantili e fiabesche a trasformare il soggetto del balletto in una riflessione sui vari aspetti della dimensione dell’essere umano. Infatti come non cogliere nella storia del personaggio di Clara, il senso del divenire verso la dimensione adulta, verso i timori che possono manifestarsi di fronte alla scoperta della sessualità, l’avvicendarsi della lotta del bene e del male nella lotta dei topi.

Ma lo Schiaccianoci è anche nostalgia del calore familiare, dell’atmosfera del focolare, della neve che copriva le terre originarie dell’esule Nureyev. Il balletto consta di due atti e si sviluppa attorno a tre pas de deux che ne segnano l’intera coreografia. Nel primo, Clara, ancora bambina e intepretata dalla neo étoile Dorothée Gilbert, danza quasi assecondata dalla morbidezza del fluire della neve. Ci si trova ancora nel mondo dell’infanzia, semplicità e compostezza sono gli attributi stilistici più calzanti per questo momento, precursore dei due pas de deux successivi in cui il sogno e l’incontro con l’amore e la sessualità prendono corpo.

Nel secondo, all’inizio del secondo atto, i movimenti sono ancora più fluidi e nel terzo, finalmente si suggella l’unione dei due amanti che liberamente si abbandonano in una danza libera fino al momento del sorgere dell’alba in cui tutto svanisce. La coppia Gilbert – Legris ha ballato senz’altro in maniera armoniosa: nella loro danza emergono sino in fondo l’ingenuità e la freschezza della protagonista contro la maturità, senso di sicurezza e la dolcezza del Principe che si manifesta sul palcoscenico curando e sostenendo la partner in tutti i momenti delle varie sequenze dei passi. E citando Maurice Béjart, che in occasione della presentazione nel 1998 del suo Schiaccianoci, ricorda una frase di sua madre,  » osservare il gheriglio di una noce è come trovarsi di fronte al cervello umano », si può ritrovare e tener vivo ancora oggi il valore e lo spirito di un balletto che da favola così come è in apparenza, può condurre grazie al suo simbolo, lo Schiaccianoci appunto, nelle pieghe più intime della nostra mente

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