L »esotismo de la Bayadère al Teatro alla Scala

La Bayadère è un balletto che ha suscitato sin dalle sue prime rappresentazioni fascino e seduzione per le sensazioni esotiche che l’atmosfera della danza indiana sapeva trasmettere. Una delle prime famose Bayadère fu proprio l’italiana Maria Taglioni, la Sylphide e simbolo del balletto romantico, che ballò nel 1830 a Parigi Le Dieu et la Bayadère, creazione che da un erto punto di vista si proponeva di ricreare l’India sulla scena.

La Bayadère nelle linee fondamentali così come ci è giunta sinora la si deve a Marius Petipa, con la collaborazione di Sergue Khoudekov per il libretto sulla musica di Minkus che aveva già collaborato per il Don Chisciotte nel 1869. Questo balletto fu rappresentato al Gran Teatro di St. Pietroburgo con molto successo per il coreografo francese, un esit opositivo prima delle future produzioni del Lago dei Cigni (1895) e della Bella Addormentata nel Bosco (1890).

La storia tra Solor e la sacerdotessa Nikiya catturò gli spettatori oltre al profumo esotico che traspariva dalla scenografia. Questo balletto rimase sconosciuto in Europa fino a quando il Balletto del Kirov rappresentò a Parigi all’Opéra Garnier nel 1961 Le royaume des ombres, tra i protagonisti un giovane di 23 anni di nome Rudolf Nureyev che stupì la platea.

In seguito si continuò in Europa a rappresentare solo questa scena estratta dal III atto. Nureyev la riallestì per il Royal Ballet a Londra nel 1963 e nel 1974 a Parigi su invito di Rolf Liebermann. Il lavoro del maestro russo resta senz’altro quello più vicino alla tradizionale Bayadère di Petipa.

La produzione originale della Bayadère termina con un epilogo (IV atto), in cui Solor dopo la visione del Regno delle ombre, era stato costretto a sposare Gamzatti. La profezia della bayadère ha luogo: un terribile catastrofe si abbatte sul palazzo ove si celebravano le nozze tra i due giovani; tutti muoiono e così Solor può ricongiungersi alla sua Nikiya.

Questo finale che richiedeva un grande impegno scenico teatrale fu eliminato negli anni della rivoluzione d’ottobre e tale taglio rimase fino alla versione presentata da Patrice Bart nel 1997 con il Ballet Bayerische di Monaco. Nel 1980 Natalia Makarova allestisce e riprende per l’American Ballet questo balletto: la sua impronta è innovativa perché sfronda di parecchio le danze di carattere e ripensa il IV atto. Nel 2002 tocca a Sergue Vikhraev, ballerino del Mariinski, rimontare il balletto in una versione più vicina all’originale di Marius Petipa.

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