Gezeiten – cor. Sasha Waltz

Con questa creazione, toccante, profonda, che sembra proprio emergere direttamente da un episodio della realtà, Sasha Waltz esprime coreograficamente il sentimento di choc che può suscitare l’effetto di una catastrofe che si abbatte all’improvviso in un paese, rompendo così l’equilibrio che l’uomo sembrava essersi costruito.

Un tema di grande attualità questo, dato che nell’ultimo anno si sono ripetuti in tutto il mondo episodi che hanno provocato e suscitato morte e distruzione nelle diverse popolazioni: lo tsunami in asia orientale, gli attentati terrostici di Londra e Madrid, il ciclone in in Luisiana, l’influenza aviaria, l’inquinamneto chimico in Cina.

Geizeten (maree) diviene così per Sasha Waltz un modo per interrogarsi e porsi in atteggiamento critico di fronte alle trasformazioni che stanno investendo il nostro pianeta: « sotto l’effetto della globalizzazione dell’informazione, tutti noi siamo direttamente tirati in causa di fronte alle catastrofi naturali e umane. Pensando a questo lavoro, mi sono dunque chiesta in che modo questi episodi tocchino le popolazioni e nello stesso tempo cercando da parte mia – in quanto artista – la forma più esplicita e efficace per rappresentarlo.

A differenza dello zapping televisivo che riduce le possibilità di riflessione, il tempo teatrale consente al pubblico di fermarsi a pensare ancora di più, richiamando così una sua partecipazione più attiva. Perciò a questa creazione ho dedicato molto tempo anche perché ci tenevo molto a mostrare ed affrontare l’argomento nella maniera più chiara possibile, senza fraintendimenti ».

In effetti, dopo il sentimento malinconico tipico delle crisi amorose che aveva contraddistinto uno dei suoi ultimi lavori, Impromptus, qui la coreografa tedesca sembra ritrovare in pieno il suo stile originario, la sua visione della danza e di un linguaggio coreografico in cui il movimento dei corpi è espressione dei disagi, dei turbamenti e delle crisi della società contemporanea. Possiamo pensarla come un’opera policroma in cui sono abilmente riuniti tutti gli elementi formali ed estetici dei suoi ultimi dieci anni di lavoro.

Sasha Waltz ha lavorato molto sull’improvvisazione con i sedici protagonisti di questo balletto. Solo in questo modo come afferma la stessa coreografa, si sarebbe potuto raggiungere un alto grado di vigore, di forza creativa e sincerità.

Il tema è stato affrontato e elaborato seguendo tre differenti approcci stilistici: astratto, narrativo e subcosciente. La ricerca gestuale dei danzatori nel corso dell’improvvisazione è stata ispirata in ciascuno di loro pensando a situazioni di pericolo, di minaccia, al senso di panico che sopravviene al momento dell’incedere della catastrofe, ma anche immaginando il senso di solidarietà che spontaneamente nasce verso coloro che rimangono più colpiti. Inoltre, testimonianze di persone che concretamente hanno vissuto questo genere di esperienze hanno arricchito e dato l’opportunità di riflettere in maniera ancora più profonda e concreta.

Il risultato è stato pertanto un’opera in cui a presenze fisiche che manifestano tutto il senso grave e profondo della tragedia, si alternano interpreti che esprimono il massimo della fragilità e che vivono in estremo disequilibrio, sembrando a volte sculture che sfiorano il piano dell’effimero, sospese in maniera inesorabile sul palcoscenico. Il flusso di energia che circola tra i loro corpi che ora si sfiorano, ora si toccano, ora si abbandonano viene bruscamente interrotto dal sopraggiungere della catastrofe. Sorge all’indomani un nuovo giorno, i sopravvisuti cercano di sopravvivere e riprendere il corso normale degli eventi tra il caos e gli ambienti distrutti, guidati da contrastanti sentimenti di solidarietà e ostilità reciproca, speranza e desolazione. A poco a poco i protagonisti divengono figure allegoriche che incarnano visioni surreali che lasciano parlare e manifestare le pieghe più nascoste del loro inconscio per trasformare la scena in una sorta di « nuovo mondo » popolato da fantasmi che si aggirano nel crepuscolo delle nostre utopie.

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