Vollmond

E’ ritornata la grande Pina Bausch, con tutta la sua profondità, la sua capacità unica di plasmare ogni passaggio drammaturgico con una sottile ironia che non può non farci riflettere.

Così si é presentata al Théâtre de la Ville con la sua ultima creazione Vollmond, da molta critica identificata come la creazione inneggiante all’acqua, ma che ha invece ancora una volta – crediamo – nella profonda analisi dei sentimenti dell’uomo il suo punto forte. E’ il Chiaro di luna di Pina Bausch, un momento « tipico » che da sempre ha ispirato letterati e musicisti suscitando la loro immaginazione e sensibilità artistica.

Se fosse vissuta un più di un secolo fa, si sarebbe potuta immaginare facilmente una collaborazione tra Beethoven e Pina Bausch, una Suonata al Chiaro di Luna coreografata dalla maestra del Tanztheater; in fondo le terzine che compongono il pezzo per pianoforte non sono che sospiri, attimi e vibrazioni del nostro cuore?

Infatti, al centro della coreografia la rappresentazione di rapporti amorosi in cui gli uomini appaiono fragili e indecisi di fronte a donne che impongono con forza la loro predominanza : la coreografa li segue, li scruta, entra nel loro vivere quotidiano pieno di piccoli dispetti reciproci, scontri, approcci amorosi e piccoli litigi; tutto questo in un succedersi di piccole sequenze di episodi parlati e accompagnati da musiche varie.

La scenografia è essenziale come sempre, un fiume immaginario segna il limite della profondità della scena. E’in un certo senso il fiume della nostra vita, che ci accoglie e riceve tutte le nostre emozioni, i turbamenti, le gioie, ma che questa volta viene interrotto da un grande meteorite simbolo degli ostacoli, dei blocchi cui ci troviamo di fronte nei nostri slanci quotidiani.

La prima parte dello spettacolo è sicuramente quella dove si ritrova una Pina Bausch legata più al teatro proprio per la presenza di duetti, quasi di sketch cinematografici, ove emerge un’interpretazione magistrale dei protagonisti. Ciò che veramente sorprende di questo lavoro è vedere come la coreografa e i suoi danzatori riescano ancora una volta, a partire dalla rappresentazione di piccoli episodi di vita, a regalare momenti di emozione intensi.

Questo succede anche quando i danzatori in abiti da sera si scontrano con violenza contro l’acqua, oppure quando ci si offre un limone segno dell’asprezza della gironata, o ancora quando la donna testa l’efficienza del suo partner in relazione al tempo nel quale gli slaccia il reggiseno.

Struggente l’assolo di Dominique Mercy storica interprete della Bausch così anche molto bello quello di Nazareth Panadero, in lungo abito rosso che sfida e afferma la sua forza di fronte al male che potrebbe procurare la presa di pezzi di vetro.

Il finale è stravolgente, i danzatori attraversano drammaticamente con bracciate voluttuose l’acqua del fiume, è una traversata sofferta così come gli ultimi passaggi della coregrafia , una danza – e qui ritorna la Pina Bausch dei suoi grandi capolavori- che è anche un inno drammatico alla libertà della nostra interiorità.

Paris, Théâtre de la Ville, le 21 juin 2007

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